Aikido: una via di normalizzazione del terreno del corpo

di Régis Soavi

Aikido Journal: “L’Aikido può ancora sopravvivere dopo più di tre mesi d’interruzione?(1)

Règis Soavi: “Chi parla di interruzione di più di tre mesi della pratica? Secondo le nostre fonti, che in realtà sono dei contatti diretti, fatta eccezione per tre o quattro persone che avevano cominciato da meno di uno o due mesi, nessuno dei membri del nostro dojo ha smesso di praticare (a casa propria). Anzi, per alcuni, il confinamento ha loro permesso di fare quella che noi chiamiamo la Pratica respiratoria (comunemente chiamata Taiso nelle altre Scuole) tutte le mattine quando di solito il lavoro non permette loro che tre o quattro sedute alla settimana.
Certo che il luogo, il dojo, è rimasto chiuso. Sebbene, essendo io stesso confinato a Parigi per ordine dello Stato, ma abitando accanto al dojo, ho potuto continuare ad andarci e mantenervi la Vita. Ogni mattina con la mia compagna (confinata con me) abbiamo potuto, dopo il Norito Misogi no Harae che recito prima delle sedute, fare la pratica respiratoria. La risonanza creata dagli “Hei Ho” al momento del Funakogi undo o dal battito delle mani che ritmano gli esercizi iniziali, ha permesso penso di mantenere questo spazio “pieno”, nel senso della pienezza del Ki. Il dojo non è mai stato vuoto.”

A.J.: “La ripresa della pratica nella sua forma abituale sarà possibile al rientro o dovrà attendere lo sviluppo e l’introduzione di un vaccino efficace contro la SARS-CoV-2?”

R.S.: “ Aikido: La via, è un’autostrada?(2 )
È più necessario che mai normalizzare il nostro terreno al fine di permettere una reazione del corpo che sia nello stesso tempo sana e rapida. Se il Katsugen undo (Movimento rigeneratore) è una risposta specifica per permettere al corpo di reagire, l’Aikido, per quanto lo riguarda, – se è praticato in maniera regolare con l’attenzione e la concentrazione indispensabili – è una pratica che va nella medesima direzione. A condizione naturalmente di dimenticare l’aspetto “voglio un’efficacia immediata e facile”. Negli statuti dei nostri dojo figura sempre questa raccomandazione di Tsuda Sensei sullo spirito della pratica: “senza conoscenza, senza tecnica, senza scopo”. Queste indicazioni – di spirito molto zen si dirà – fanno della nostra Scuola una Scuola molto particolare, non è certo la sola, ma questo tipo di Scuole è diventato raro e adesso comincia ad essere di nuovo ricercato per le sue specificità.
È attraverso la mobilitazione dell’unità dell’Essere che il corpo fisico ritrova delle capacità troppo spesso dimenticate, sottovalutate, sopravvalutate, o ancora disprezzate, ma in tutti i casi troppo spesso sottoutilizzate. Perché il Tai Chi Chuan e il Qi Gong, qualsiasi sia la Scuola, hanno potuto continuare, progredire e fiorire mentre molti club d’Aikido hanno avuto meno iscritti e poi talvolta sono morti lentamente? Non sarà forse perché hanno saputo mettere in evidenza l’aspetto salute, sviluppo personale, nonché l’aspetto distensione della loro pratica, di fronte allo stress provocato dai modi di vivere moderni, piuttosto che il lato marziale che eppure esiste in numerose Scuole e – oserei anche dire – esiste in maniera sottesa in tutte le Scuole? Non hanno avuto paura a mettere in primo piano dei valori che sono o dovrebbero essere i nostri, quali la circolazione del ki (il Chi o Qi) e l’importanza dell’unità del corpo per mantenere la salute psichica tanto quanto quella fisica.

Immunità crociata
Dopo averci rinchiusi, confinati nelle città e nei paesi, dopo aver infuso la paura alla maggioranza della popolazione mondiale, oggi ci parlano dell’immunità crociata come se fosse una scoperta. Ma non ci si pone la domanda della capacità di resistenza, di resilienza dell’essere umano da migliaia di anni? Se l’essere umano esiste ancora, non è perché è fondamentalmente radicato nella Natura con la N maiuscola e non nella natura intesa come ambiente – che del resto tratta così male? Noi siamo una parte non separata dalla “Natura”, conduciamo una vita in simbiosi con quello che ci circonda, siamo fondamentalmente dei Simbionti. I batteri, tanto temuti, non esercitano solo un ruolo patogeno, essi sono per esempio anche all’origine della nostra capacità di respirare, grazie alla loro mutazione in mitocondri (3); senza il loro lavoro saremmo incapaci di digerire gli alimenti e quindi di nutrirci; grazie al loro lavoro partecipano ai nostri sistemi di difesa facendo barriera contro degli elementi pericolosi. I virus, i retrovirus, per quanto li riguarda, hanno un ruolo nella nostra capacità di vivere e di superare le difficoltà e gli ostacoli: alcuni tra loro sono dei batteriofagi, altri, spesso molto antichi, intrappolati che siano in delle parti ancora incomprese del DNA (parti così incomprese da essere state anche chiamate “rubbish” o “spazzatura”), servono da miniera di informazioni – un po’ come un’immensa biblioteca – per il sistema immunitario, a condizione che lo si lasci lavorare ogni volta che ne abbia bisogno.
Che ne è dell’equilibrio in questi giorni di paura La società ci propone, ci impone sempre maggiori protezioni, e noi siamo sempre più disorientati davanti alla difficoltà. Nell’Aikido si parla di allenamento, si vuole un corpo forte, forse bisognerebbe anche pensare ad allenare il nostro sistema immunitario, e non impedirgli di fare il proprio lavoro.

La paura, una banalità
La paura è la grande responsabile, e ci viene inculcata a partire dalla nostra più tenera infanzia, con gentilezza, con buona volontà, per il nostro bene. Tutto questo senza quasi che nessuno se ne renda veramente conto. Tutta la nostra cerchia vi partecipa: genitori, famiglia, educatori, insegnanti, media. La paura del dolore, la paura della malattia, la paura della morte. Si deve fare attenzione, diffidare di tutto, del minimo raffreddore, della febbre più lieve, di un minuscolo foruncolo, tutto deve essere trattato, analizzato, catalogato, c’è pericolo ovunque, l’individuo arriva a pretendere di essere rinchiuso in un bunker, che sia fisico o mentale, che deve contenere un morbido bozzolo di protezione perfettamente rassicurante. Tutto questo sembra normale, perché privarsi di questo bozzolo, privarne gli altri, i nostri amici, i nostri familiari? La società moderna ha alterato il senso della vita e l’ha rimpiazzato con il suo consumo passivo, i propagatori di questa nuova ideologia ne hanno fatto un oggetto del desiderio, a volte un oggetto di culto come durante il confinamento, ma sempre un oggetto. Si può invertire la rotta? Fare marcia indietro? Ciò avrebbe un senso? Saremmo presto trattati come pazzi, gruppo settario pericoloso, da eliminare rapidamente in quanto “rischio di contagio ideologico”. Se la soluzione c’è, è individuale, ragionevole e responsabile, nei confronti di se stessi come di quelli che ci circondano.

A.J.: “Nel contesto della diminuzione del numero di praticanti e dell’invecchiamento di questi, l’Aikido ha ancora una possibilità di sopravvivenza dopo più di tre mesi d’interruzione?”

R.S.: “ Il mito della vecchiaia”
Mi si dice. “Non ci sono più giovani praticanti nei dojo di Aikido! Vanno tutti a praticare dei Budo considerati più efficaci, più volontari!” Perché un tale disfattismo? E se invece di fare “un po’ di più della stessa cosa”, come enuncia la teoria dei ricercatori di Palo Alto, riflettessimo su quello che ci ha fatto venire, noi, in un dojo di Aikido piuttosto che scegliere un’altra arte? E se la nostra forza fosse altrove, se il valore dell’Aikido non fosse nell’apprendimento del combattimento ma fosse nell’arte della fusione della respirazione, nello sviluppo della sensibilità, nel favorire le ricerche sulla sensazione della sfera, l’intuizione, la liberazione dell’essere umano vero che dorme nel profondo di ciascuno di noi? Questo non forma delle persone deboli ma, la contrario, delle persone capaci di andare a cercare quello di cui hanno bisogno al momento giusto anche in un ambiente difficile, se non pericoloso. E se la nostra forza fosse l’involontario, e il suo punto d’arrivo il “Non-Fare”? Ma come arrivare a risvegliare questa forza? Se non la si è conservata dall’infanzia, forse abbiamo semplicemente bisogno di ritrovarla e per fare questo abbiamo bisogno di maturare, a volte abbiamo anche bisogno di eliminare le false buone soluzioni, le illusioni, gli stratagemmi. O Sensei Morihei Ueshiba ha cercato per tutta la vita nella pratica dei Budo così come attraverso il Sacro, e questa ricerca era la realizzazione stessa della sua vita. Non è andato in pensione a sessant’anni per diventare direttore di un club. È stato un esempio per quelli che, come Tsuda Sensei, l’hanno conosciuto personalmente. Un esempio e sicuramente non “una persona a rischio” da dover proteggere. Come si fa oggi con i più anziani negli istituti specializzati.
Non resisto a citare un piccolo passaggio di un testo che Itsuo Tsuda aveva pubblicato sotto forma di quaderno all’inizio degli anni settanta e che ho conservato gelosamente fino alla sua pubblicazione ufficiale in una raccolta postuma nel 2014. Questo passaggio la dice lunga sullo stato d’animo di questo maestro fuori dal comune che ho avuto la possibilità di seguire per più di dieci anni e che ha impregnato così fortemente il mio percorso nella pratica della nostra arte.

Itsuo Tsuda scrive
“Ho cominciato l’Aikido a l’età di quarantacinque anni, età alla quale si rinuncia in generale a ogni movimento che rischia di essere violento. Per più di dieci anni, tutte le mattine, andavo alla seduta che cominciava alle ore 6.30, alzandomi alle 4, senza sosta, anche se capitava di mettermi a letto alle due del mattino o perfino se avevo la febbre a quaranta gradi, e questo, per il piacere di vedere questo maestro ottuagenario camminare sui tatami. Dei compagni del dojo mi dicevano: «Ha una volontà di ferro». Al che io replicavo: «No. Ho una volontà talmente debole che non riesco a smettere di continuare». Questo provocava un allegro scoppio di risate tra loro, ma ero sincero.”(4)

Régis soavi, articolo pubblicato sul n. 75 di AikidoJournal, ottobre 2020 Tema: confinamento e Covid-19

  1. In Francia il primo confinamento a causa del covid-19 è iniziato il 17 marzo ed è finito l’11 maggio 2020, ma si è potuto riprendere la pratica dell’Aikido solo il 12 luglio.
  2. Itsuo Tsuda, Uno, Yume editions, 2019, p. 31.
  3. Marc-André Selosse, Jamais seul, Ed. Actes Sud, 2017.
  4. Itsuo Tsuda, Cœur de ciel pur, Le Courrier du Livre, 2014, p. 110.